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Interventi e trattamenti nel Disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI)

Uno sguardo al disturbo

Il disturbo da deficit di attenzione/iperattività si manifesta principalmente con due classi di sintomi: un marcato livello di disattenzione e una serie di comportamenti che denotano iperattività e impulsività (DSM 5, 2013; ICD-10, 1992).

Le manifestazioni di iperattività e impulsività sembrano essere attribuili a una difficoltà di inibizione dei comportamenti inappropriati, che Barkley (1997) definisce disinibizione comportamentale e che i bambini con disturbo dell’attenzione esprimono con agitazione, difficoltà a rimanere fermi, seduti o composti quando viene loro richiesto.

La più recente descrizione del disturbo è contenuta nel DSM 5 (APA, 2013; Tabella 1,2,3) secondo il quale, per poter ricevere diagnosi di DDAI, i soggetti devono presentare i sintomi descritti per almeno sei mesi e in almeno due contesti; inoltre è necessario che tali manifestazioni siano comparse prima dei sette anni di età e che compromettono il rendimento scolastico e sociale.

Tabella 1

Criteri diagnostici per il disturbo da deficit di attenzione/iperattvità (DSM 5, 2013)

Il trattamento cognitivo – comportamentale

Il trattamento cognitivo – comportamentale per i bambini con DDAI si sono già diffusi a partire dagli anni settanta con le pubblicazioni di Meichenbaum (1977) e della Douglas et al. (1976), anche se l’opera fondamentale in questo campo rimane quella di Kandall e Braswell del 1985.

I trattamenti cognitivi comportamentali propongono, oltre alla gestione delle contingenze (rinforzi e conseguenze negative), previste anche nei programmi comportamentali, l’insegnamento di varie tecniche tra cui le autoistruzioni verbali, il problem solving e lo stress inoculation training ( consapevolezza e controllo delle emozioni in situazioni stressanti). Durante le sedute di trattamento sono previsti anche dei colloqui e delle riflessioni con cui l’operatore cerca di aiutare il ragazzino ad acquisire uno stile attribuzionale interno, che gli consenta cioè di percepire i propri risultati come il frutto dell’impegno e delle strategie messe in atto.

La procedura delle autoistruzioni verbali richiede al bambino di acquisire un dialogo interno che lo guidi nella soluzione delle situazioni problematiche. L’operatore cerca di modellare lo sviluppo del dialogo interno attorno alle varie fasi del problem solving:

  • riconoscere il problema;
  • generare soluzioni alternative;
  • valutare l’efficacia di ciascuna soluzione
  • pianificare la procedura per risolvere il problema
  • verificare la qualità del risultato ottenuto.

Invece con lo stress inoculation training si induce il ragazzino ad auto osservare il proprio vissuto e le proprie emozioni, soprattutto in coincidenza di situazioni stressanti e fortemente emotigene, e successivamente si aiuta il soggetto a generare un menù di risposte alternative adeguate al contesto e in grado di sostituire gli atteggiamenti impulsivi e aggressivi.

Va tenuto presente che interventi rivolti a un unico soggetto (di solito il bambino) e condotti attraverso un solo presidio terapeutico (che sia il farmaco, oppure il trattamento psicologico, oppure il lavoro con le famiglie o con la scuola), sembrano avere efficacia a lungo termine (Douglas, 1994): le percentuali maggiori di successo rispetto alla remissione dei sintomi DDAI si ottengono attraverso un lavoro integrato con vari tipi di trattamento. Cantewell (1996) sottolinea l ‘importanza di un approccio multimodale che combini il farmaco con un intervento di tipo psicosociale rivolto al bambino, ai genitori e alla scuola; in particolare, sottolinea come la formazione di competenze educative nei genitori, il parent training, permette di ridurre i comportamenti iperattivi e distruttivi del bambino a casa, di migliorare l’autopercezione di competenza da parte dei genitori e di far decrescere il livello generale di stress a carico della famiglia.

Il Parent Training

L’origine dei parent training, sviluppati in maniera sistematica, è da far risalire al lavoro di Hanf (1969) il quale era interessato alla modificazione dei comportamenti oppositivi devianti e aggressivi dei ragazzi, ricorrendo alla mediazione e all’intervento dei loro stessi genitori.

Il parent training è una tecnica di intervento che ha lo scopo di insegnare quelle abilità necessarie per contrastare situazioni familiari problematiche chiedendo ai genitori di diventare “coterapeuti”, operatori a tempo pieno che applichino adeguate tecniche psicologiche proprio in quelle situazioni in cui il bambino manifesta i problemi di comportamento.

Attraverso il percorso di training il genitore diventa dunque parte attiva nel processo educativo e terapeutico, attraverso l’acquisizione di abilità e nuovi stili educativi relazionali necessari per contrastare situazioni famigliari problematiche e acquisire uno stile genitoriale orientato al problem-solving.

La formazione dei genitori è uno degli elementi chiave nella prognosi di un bambino/ ragazzo con disturbo da deficit dell’attenzione e dell’iperattività. Di fronte ai comportamenti non adattivi del proprio figlio, infatti, le risposte del contesto di appartenenza possono definire il confine entro il quale il disturbo può essere contenuto o oltre il quale il disturbo può innescare una serie di situazioni che produrranno conflittualità e stili educativi non utili e stressanti sia per il genitore che per il bambino e il contesto famigliare.

Il Parent Training (PT) è un percorso psico-educativo di gruppo nel quale si viene a creare un clima di fiducia, confronto e rispecchiamento ed attraverso il contenitore gruppale si facilita il processo di apprendimento, consapevolezza e cambiamento al fine di prendere coscienza degli elementi critici che caratterizzano la relazione genitore bambino.

L’obiettivo è quello di proporre e condividere suggestioni, modalità, esperienze e strategie operative che possano essere di aiuto e supporto attraverso un percorso di analisi e di confronto che offre altresì l’opportunità alla coppia genitoriale di costruire una relazione genitore-bambino maggiormente significativa ed efficace per rispondere alle difficoltà del bambino e per gestire al meglio la fatica del genitore stesso in una crescita continua che ha come obiettivo il consolidare la relazione e l’alleanza con il figlio.

 

L’importanza di attivare dei percorsi di Parent Training

Prendersi cura di bambini con ADHD può portare i genitori a situazioni di grave stress che rischiano di ripercuotersi negativamente sulle relazioni all’interno della famiglia e quindi di aggravare la sintomatologia di base legata al disturbo. I genitori, di fronte a comportamenti problematici del figlio, si sentono spesso confusi e hanno l’impressione di essere privi di strategie e strumenti utili per stabilire una relazione positiva con il bambino. Talvolta questo può generare senso di frustrazione, rabbia, colpa e impotenza.

Il PT tenta di modificare quelle modalità di relazione che risultano disfunzionali, dotando i genitori di competenze educative e fornendo strumenti utili per sostenerli nel delicato compito di guida e modello educativo per la crescita dei loro figli, cercando di prevenire e prevedere le situazioni critiche.

Il training crea uno spazio di confronto e condivisione delle problematiche che più spesso sono presenti nella coppia genitoriale in famiglie con bambini con ADHD. Le narrazioni e le attivazioni dovranno facilitare il cambiamento verso posizioni relazionali maggiormente idonee ad affrontare il disturbo e a rinforzare la relazione e, come conseguenza, costruire una dimensione genitoriale maggiormente funzionale: far emergere dall’interazione di gruppo le potenzialità educative che ogni genitore possiede ma che fatica ad attuare; aiutare i genitori a migliorare il senso di competenza ed efficacia nella dimensione genitoriale, instaurando una buona relazione con il figlio in un clima famigliare adeguato e orientato alla risoluzione delle criticità.

È fondamentale dedicare spazio e tempo alla formazione del gruppo per permettere la costruzione di un gruppo solido e possibilmente motivato e predisposto al percorso di conoscenza, cambiamento e crescita. Per questa ragione è opportuno approfondire la conoscenza della coppia genitoriale in colloqui specifici nei quali poter misurare e rilevare le loro caratteristiche e quindi successivamente proporre la partecipazione al gruppo o, in alternativa, un altro percorso di trattamento.

Nel lavoro clinico, durante la costruzione del parenti training è facile incontrare genitori di bambini problematici che oscillano tra due diversi e opposti atteggiamenti:

  • sentirsi colpevoli dei problemi comportamentali del figlio;
  • reagire con aggressiva, soprattutto quando avvertono che la loro azione educativa è inefficace.

In entrambi i casi, il rischio che il genitore deve affrontare è quello di non riuscire a capire le difficoltà del figlio e, almeno in certi momenti, sentirsi a lui “empaticamente” vicino quando quest’ultimo è impulsivo, irrequieto e intrattabile.

Il ruolo del trainer, rispettando le sue competenze naturali, è essenzialmente un ruolo di formatore e facilitatore. Da un lato si permette al gruppo di acquisire conoscenze e informazioni sul disturbo e strategie e competenze adeguate a rispondere alle criticità quotidiane, dall’altro si guida il gruppo e quindi il genitore, attraverso le sue storie, nello sviluppare una posizione nuova nell’essere genitore di un bambino un po’ più faticoso degli altri e quindi nel costruire nuovi spazi di relazione maggiormente funzionali al bambino e al ruolo di genitore.

Il programma di parent training è pensato per i genitori di bambini di età compresa tra i 5 e gli 11 anni. Può essere considerata l’opportunità di costituire gruppi omogenei per l’età dei bambini (5-8 e 9-11 anni), per caratterizzare ancor più la comunanza di problematiche e di stili relazionali dei genitori partecipanti al gruppo.

Il gruppo diventa quindi:

  • contenitore di problematiche personali condivise e accolte;
  • una fonte di attivazione di risorse ed energie personali (attori del cambiamento);
  • un agente di modificazione di pensieri e comportamenti non adatti;
  • un momento di sostegno e supporto alla coppia genitoriale.
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Dott.ssa Selenia De Pasquale, Psicologo Clinico e della Salute

Psicoterapeuta Cognitivo Comportamentale

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