Una corretta alimentazione per evitare il grasso addominale che è predittiva di rischio cardiovascolare.
In Italia un bambino su cinque è obeso, e un bambino su quattro è in sovrappeso: sono questi i dati che fanno posizionare l’Italia al secondo posto, dopo gli Stati Uniti, nella classifica dei Paesi in cui l’obesità infantile è concreta e diffusa realtà, conseguenza di una scorretta alimentazione unita alla sedentarietà. Ipertensione arteriosa, colesterolo alto, diabete di tipo 2, non sono più patologie esclusive dell’età adulta ma riguardano in modo crescente e preoccupante anche bambini e adolescenti. Senza contare che, talvolta, il grasso accumulato può comportare, in questi anni delicati, oltre che lo sviluppo di patologie cardiovascolari, anche complicanze psicologiche come i disturbi dell’immagine corporea e del comportamento alimentare.
Quando preoccuparsi?
Esiste un semplice metodo, individuato nel Congresso mondiale di endocrinologia pediatrica, organizzato a Milano nel 2013, che consente di capire l’entità di un rischio cardiometabolico per un bambino. Se, infatti, per gli adulti sono stati fissati valori massimi di riferimento per la circonferenza addominale (88 cm per la donna, 102 cm per l’uomo), per i bambini si considera il rapporto tra il girovita (calcolato in centimetri) e il peso: se il risultato è uguale o supera 0,5, converrà fare attenzione, perché significa che una non trascurabile massa di grasso si è già accumulata sull’addome e crea le premesse per un maggiore rischio cardiovascolare.
Quali sono i rischi?
Il grasso addominale può anche anticipare la pubertà, con il rischio di manifestare invecchiamento delle arterie prima della maggiore età, e creare le condizioni per un infarto anche prima dei cinquant’anni.
La prima prevenzione
È stato pubblicato, recentemente, il primo documento di consenso sulla prevenzione cardiovascolare nei bambini e negli adolescenti ad opera della Società italiana per la prevenzione cardiovascolare in collaborazione con la Società italiana di pediatria. Il primo passo è quello di sottoporre i bambini di due anni a un’analisi del sangue per misurare colesterolo totale, Hdl e trigliceridi, esame consigliato a maggior ragione per coloro che hanno genitori a rischio. Inoltre, un test genetico potrà confermare o meno una iperlipidemia familiare, per procedere a una diagnosi efficace.
Una prevenzione che dura tutta la vita: l’alimentazione
Ben l’80% dei bambini non si alimenta in modo corretto, sia dal punto di vista qualitativo (dieta monotona, pasti non adeguati da un punto di vista nutrizionale) sia quantitativo (numerosi spuntini e apporto calorico mal distribuito). Dai due anni in poi sarà bene perseguire una dieta in cui i grassi totali non superino il 30% delle calorie giornaliere, e proporre cibi semplici, cucinati senza grassi aggiunti, e magari preferendo metodi di cottura come il vapore, griglia o piastra, piuttosto che la frittura. I genitori sono chiamati a dare il buon esempio per primi, eliminando sin dalla spesa succhi di frutta commerciali e merendine confezionate, salumi, snack che non hanno alcun apporto nutrizionale, bevande gassate, patatine, caramelle, facendo in modo che le sane abitudini accompagnino il bambino anche nella merenda a scuola. I dolci non sono proibiti, ma certamente è consigliato consumarli con moderazione. Completa il quadro, insieme a un’irrinunciabile attività fisica che consente di sviluppare massa magra a spese di quella grassa, il servire a tavola una sempre maggiore varietà di alimenti evitando la monotonia, educando i bambini al gusto di cibi diversi.

Dott.ssa G. Battista
Nutrizionista
